Tra giornali e corse di ciclismo potrebbe vigere l'ineffabile dilemma di uovo e gallina circa il primato per nascita.
Sappiamo bene, noi che qualche libro di ciclismo eroico l'abbiamo letto, di come fu il derby fra giornali, Le Velo di Giffard e L'Auto di Desgrange, a determinare la nascita travagliata del Tour de France. Lo stesso, quasi in ugual misura, successe tra Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport, le cui redazioni, allora non proprio vicine, si disputarono lo sprint per il primo Giro d'Italia. I successi di quella imprenditoria sportiva pionieristica furono decisivi per l'affermazione clamorosa dei rispettivi giornali organizzatori, le cui pagine nel tempo diedero anche colore alle maglie di leader. Coi giornali si combattevano sole e vento gelido, improvvisati cappelli e la protezione degli stomaci sui passi montani, i giornali del Bartali di Paolo Conte che svolazzeranno sempre. Sui giornali si è raccontata storia e leggenda, epica e mito di quando delle corse si conoscevano appena taluni passaggi, gli arrivi e ciò che si coglieva dagli spifferi del gruppo. Il resto era immaginifico ma rendeva felici intere generazioni di persone modeste, tagliate al duro lavoro della sopravvivenza, che avevano tanto bisogno di sogni ed eroi, estratti come loro dalla fatica profonda, da sudore e sangue, da fango e polvere.
I giornali si sono contesi i patrocini, le frecce indicatorie dei percorsi, si sono distribuite manifestazioni le più varie, spesso andando ad inventarsele, si sono riempiti della pubblicità che i ciclisti sollecitavano, loro, gli idoli pagani che facevano della necessità e capacità di mangiare e bere oltre soglia l'indispensabile linfa per imprese iperboliche.
Dai giornali è nata L'Eroica, nel Barrino di bambino in Gaiole in Chianti, quando i vecchi mi cominciarono a chiamare sempre più spesso per leggere in loro vece, ciclismo nettamente prima lettura di ogni lunedi, figurarsi per Giro e Tour. Sui giornali dell'epoca la mia ricerca, iniziata dopo quel 1995 in cui conobbi meglio Gino Bartali dedicando a lui la Gran Fondo; fu una rilettura fantastica, che dire appassionante non rende appieno, del duello sportivo del secolo fra Gino e l'altra parte dello stesso mito, un certo Fausto Coppi.
Ecco come L'Eroica nacque, da quel riverbero, da una polvere sottile di biblioteca, quell'odore inconfondibile che ogni sfogliare di pagine antiche diffonde.
E la mia personale passione per il ciclismo era già frutto librario della letteratura dotta che ogni grande scrittore del Novecento aveva dedicato agli eroi contro le intemperie, ai giganti della strada, ai forzati del pedale, costretti dalla loro insana passione a sforzi sovrumani e sofferenze da colonie penali. I giornali sono stati anche i nostri compagni delle prime Eroiche, quando eravamo in pochi, belli anche allora ma portati un pò più alla declinazione nostalgica, alle figurine, ai cimeli da collezione che al recupero della pratica, all'impresa pedalata, all'idea che un certo ciclismo non fosse solo più roba da archivi e scaffali o da vecchie pizze degli Istituti Luce. Ne facemmo di splendidi, numeri unici a cui collaborarono tanti amanti sinceri, che ringrazio ancora. Oggi L'Eroica è esondata, ha travolto gli argini della nostalgia, si è riproposta per i Professionisti, la strada bianca è ritornata un elemento tecnico del ciclismo del futuro e di nuove tendenze, un flusso che ha trovato rivoli per ogni dove nel mondo.
Ecco perchè dobbiamo anche tornare, oggi che siamo forti di un popolo grande ed in crescita, a rileggere di ciclismo, a scriverne, perchè tanta Storia ha determinato e raccontato e lo ha fatto con la classe dei migliori. Un Giornale del Ciclo Club, aperto a collaborazioni le più varie ed a lettori sempre più nuovi ed attenti; sembra persino incredibile che possa nascere oggi e che stia ad aspettarlo, persino trepida, così tanta bella gente.
Giancarlo Brocci
