La bellezza della fatica e il gusto dell'impresa
   Edizione 2024

Un viaggio a pedali, con bici d’epoca. Vecchi arnesi, salvati dalla ruggine. Recuperati a nuova vita dall’oblio delle cantine.

Biciclette che cigolano, scartano e sfidano la gravità ad ogni buca del terreno. Con la catena che esce fuori. I freni che urlano pietà a ogni frenata. Il manettino del cambio che non vuol saperne di stare al suo posto. Le maglie di lana che pizzicano sulla pelle della Carrozzeria Zonca o della Polisportiva Pennese, Gis Gelati, Inoxpran, Scic e Lambrusco Giacobazzi. Un viaggio nell’Italia come dovrebbe essere. Dei borghi - la nostra risorsa, che gli stranieri ci invidiano - che sembrano cartoline. Dei panorami liberi dal cemento e dalla ossessione di imitare l’America con periferie tutte uguali. Labirinto di viadotti e centri commerciali. 


L’Eroica è anche un viaggio nelle storie degli altri, se ti prendi il tempo per accorgerti di chi ti pedala accanto. Ogni Eroico, ognuna delle migliaia di ciclisti che si trovano la prima domenica di ottobre a Gaiole o in uno dei tanti appuntamenti eroici in giro nei continenti per pedalare su strade sterrate e su questi vecchi arnesi, ha una storia da raccontare. È esso stesso una storia da raccontare, se è arrivato fino qui. Ne ho incontrati tanti. 


Quella volta che alla prima salita, nella strada bianca che porta su fino al Castello di Brolio mi passò davanti un arzillo tedesco con i polpacci appuntiti, la maglia della T-Raleigh e una bici originale della stessa squadra, tubi Columbus e Super Record Campagnolo, insomma una Ferrari a due ruote dell’epoca. Provo a stargli dietro per un paio di tornanti ma poi niente, mi lasciò alla mia fatica mentre armeggiavo con i cambi che non ne volevano sapere di risalire. Quell’anziano signore tedesco pedalava bene. Si vedeva che aveva ancora il colpo di pedale, nonostante gli anni. Passato il castello, in discesa dopo un po’ di rincorsa e prendendo qualche rischio lo raggiunsi. Gli feci i complimenti per la forma fisica e la splendida bici. Con un sorriso disarmante, Klaus-Peter Thaler, da Colonia, ex insegnante, ma soprattutto ex professionista del pedale negli anni eroici del ciclismo, come fosse la cosa più normale del mondo in inglese mi raccontò che aveva corso il Tour de France cinque volte dal 1976 al 1981. Nel 1978 addirittura con quella stessa bici vinse la terza tappa da Saint-Amand-les Eaux a Saint-Germain-en-Laye: 244 km di pianura, tappa sotto la pioggia che vinse in volata davanti ad un drappello di fuggitivi e che grazie a una caduta a pochi km dall’arrivo che penalizzò il gruppo, gli fece conquistare inaspettatamente la maglia gialla che riuscì a tenere per un paio di giorni, da neo pro, fino alla cronometro. Mentre lo racconta, una storia che avrà ripetuto a se stesso e agli altri mille e mille volte e che lo riporta indietro nel tempo, gli si illuminavano gli occhi. Una fotografia. Gioia impressa nell’anima che torna a galla. 


Ancora tra le storie degli Eroici, ricordo quella volta che mentre pedalavo da solo allegramente sotto il sole cocente verso l’una del pomeriggio nella discesa che porta verso Asciano, mi ritrovai a pedalare vicino a una signora sopra la sessantina: Anna mi mostrò con un certo orgoglio la maglia in lana azzurra e con il simbolo tricolore della U.C. Baracca Lugo. Romagna in fiore, tagliatelle e lambrusco, da Lugo di Romagna. Anna è la nipote di Francesco Baracca, l’eroe dell’aviazione italiana alla prima Guerra Mondiale, lo stesso che, narrano le leggende, scelse l'effigie del Cavallino rampante per marcare il suo aereo. Lo stesso Cavallino che dopo la sua morte in combattimento, la madre, bisnonna di Anna, donò a Enzo Ferrari negli anni Venti quando cominciava a correre con le sue auto. “Le porterà fortuna. Così farà rivivere nel tempo la gloria di mio figlio”. Simbolo, il Cavallino rampante nero, che il Drake scelse per la sua scuderia con lo sfondo giallino che è il colore di Modena e che oggi in tutto ilmondo vuol dire Ferrari, uno dei brand più noti nel globo terracqueo. Anna mi raccontò questa storia mentre continuavamo a pedalare. Mi raccontò anche della sua passione per la bicicletta, scoperta in tarda età e diventata simbolo di vita ritrovata. Aveva iniziato a pedalare da due anni. Già nonna, con tre nipotini. Qualche tempo prima aveva superato un brutto male. E da allora qualcosa è scattato. “Mia figlia mi dice che sono matta, alla mia età. Ma io non mi ci vedo a fare la nonna che fa la calzetta”. E così Anna è diventata una nonna rock. E così come suo nonno sfidava la sorte guidando aerei di carta lei si è rialzata e ha ripreso a vivere la vita a pieni polmoni,passati gli anta, indomita, inforcando una vecchia bici da corsa.


Riccardo Barlaam


   Per essere informato
Ricevi la nostra newsletter